CON DUE PAROLE SULL’ORCHESTRAZIONE
Poco tempo fa, durante una mia solita e prolissa disertazione sul compositore Joe Hisaishi, paventavo l’idea che il suddetto potesse ricevere, da parte dell’Academy Hollywoodiana, l’Oscar come migliore colonna sonora scritta per lo strepitoso "Howl’s moving castle" di Miyazaki Hayao.
Naturalmente egli non vinse nulla, ma come sempre a casa mia non cambia nulla: Hisaishi è e resta uno dei migliori compositori di musiche da film orientali.
Esattamente come Scorsese lo è fin dai tempi di Taxi Driver.
L’Academy è lenta, si sa.
Fra le varie statuette svettano alcune veramente seccanti e naturalmente la più seccante a mio avviso è la bocciatura di Philip Glass nella categoria OST. E’ vero che Babel non l’ho visto e quindi non so fare un paragone, ma mi sembra chiaro che più che il compositore si è premiato il film indirettamente, restato a bocca asciutta nel Montaggio, scenggiatura, miglior film, miglior attrice e chi più ne ha, più ne metta!
Ma il premio alla carriera dato al nostro Ennio Morricone non mi può che far piacere.
Credo che ogni italiano conosca almeno una melodia famosa del compositore, da una fischiata qualsiasi western fino all’Ave maria di "mission". La cifra musicale del compositore romano è difatti quella straordinaria dote di melodista che poche persone hanno.
E cioè quella particolare attitudine a scrivere melodie catchy, assolutamente famigliari fin dal primo ascolto, eppure mai scontate, soprattutto incredibilmente fresche.
E questo credo dipenda moltissimo dalla qualità altissima delle sue orchestrazioni.
L’orchestrazione è come ben sapete quel ramo della composizione musicale che studia l’arte raffinata della trascrizione di una determinata composizione per un’altrettanta determinata orchestra. Quello che spesso invece non è risaputo è quanto spesso la freschezza delle idee musicali dipenda dalle scelte fatte in sede di orchestrazione. E ancora, quanto l’orchestrazione giochi sul colore e sulla timbrica finale della composizionem divenendo pertanto la caratteristica principale ricordata dall’ascoltatore. E quindi che molte delle "immagini mentali" che una particolare musica crea nell’ascoltatore è derivata da questa pratica.
Ed infine che non è detto che un ottimo compositore sia anche un buon orchestratore.
A mio umilissimo avviso un orchestratore può essere anche una persona che melodicamente o armonicamente non ha nulla da dire, ma ha un mondo di immagini, un suo personale "teatro mentale" da comunicare agli altri. E lo può fare attraverso i vari colori che un’orchestra moderna (ivi comprendo anche quella straordinaria ideata per I "Carmina Burana" da Orff, i vari nastri magnetici e l’utilizzo delle microfonature che aprono nuove possibilità di colore).
Non è raro infatti che nell’industria moderna che più utilizza la musica su commissione (ovvero il cinema) esistano figure professionali quali gli orchestratori e/o gli arrangiatori che limano le composizioni altrui sulla scena cercando di far collimare colore orchestrale con il momento rappresentato, tagliando qui, allungando là, cambiando strumenti, fade in, fade out e così via.
Ma naturalmente esistono grandi compositori che sanno scrivere ottimamente per orchestra, sia essa classica o moderna, e possiedono inoltre il gran dono dell’idea musicale. Sia essa composta seguendo sia le regole classiche, sia quelle moderne (le quali sono assolutamente "antiarmoniche"! Prendiamo ad esempio un riff a quinte vuote di una chitarra elettrica: è in pratica un continuo ricorrersi di quinte e ottave parallele! Eppure…)
Moltissimi sono i nomi che mi sovvengono per i quali ognuno meriterebbe almeno un post di riflessione: dalle scelte jazz e beepop della Yoko Kanno fino alle sublimi partiture di Michael Nyman, dall’incredibile poliedricità di Danny Elfman all’unione fra spirito orientale e orchestrazione occidentale del già citato Joe Hisaishi.
Ma il primo che veramente mi sovviene è proprio lui: Ennio.
Lui e quella che a mio una delle sue colonne sonore più ispirate e, purtroppo, più celeberrime, quella di "Mission".
Dico purtroppo perchè quando una melodia diviene tanto famosa come lo è diventata quella di "Gabriel’s oboe" non si ricorda più l’orchestrazione e con essa le immagini che ha creato in noi (e al regista), bensì la scimmiottatura, senza contare gli errori palesi nella ritmica (e ditemi che non è vero!), della melodia. Anche io tempo fa caddi in questo errore ed enorme fu la sorpresa nel riascoltare il brano orchestrato dal maestro: il clavicembalo sui tempi forti in basso continuo ostinato, gli archi in sordina con la conduzione delle parti di una maestria spuerlativa e la melodia dell’oboe che sfrutta il registro acuto e che a mio avviso è uno dei temi melodici più belli mai scritti per un film.
So che sembra la scelta più scontata per un compositore che dovrebbe essere ricordato per le opere western di gioventù (dove l’orchestrazione aveva una straordinaria importanza!) o per altre comunque molto ben fatte, ma poco conosciute ("La leggenda sul pianista…" ha delle ottime musiche!).
E invece questa volta lo voglio ricordare proprio con uno dei suoi brani più celebri.
Per la melodia straordinaria,
Per la conduzione delle parti e il loro trattamento,
per l’orchestrazione scarna, ma che eppure apre un vero universo alla mia immaginazione.
Per questo e naturalmente per tutto il resto: grazie Ennio!