Rob Halford – Scheda biografica e tecnica – II° parte
05 giovedì Gen 2006
05 giovedì Gen 2006
21 lunedì Nov 2005
ROBERT HALFORD
(Judas Priest)
The Metal God
INTROITO DOVEROSO
Eccoci finalmente alla prima parte della scheda biografica che Demian ed io intendiamo dedicare a Rob Halford. Come già in precedenza scritto la scheda sarà particolareggiata e molto particolare. Puntata a far riflettere ridendo, pubblicata da una persona che conosce poco del cantante in questione, ma scritta da un appassionato fervido e ironico, vuole analizzare i pregi e i difetti di una delle più grandi voci del panorama metal mondiale. Ci saranno imprecisioni, errori e presunte "offese" agli estimatori più intransigenti. Chiediamo venia e comprensione. Gli mp3 sono stati scelti dal sottoscritto in base a quanto scritto da Demian nel corso della sua relazione. Eventuali disattenzioni e carenza di contenuti nella selezione sono totalmente imputabili a me.
Le future tre digressioni che concluderanno la scheda avranno per titolo:
CAPITOLO SECONDO :“METAL RULES THE LAND!”
Il successo planetario, la mobilitazione delle masse, lo “screaming”, il chiodo e le borchie.
CAPITOLO TERZO: “DEFENDER OF THE FAITH!”
Il massimo splendore, la caduta, Painkiller.
CAPITOLO QUARTO: “JUDAS IS RISING!”
La reunion, fino all’ultimo scream .
Together we wait… per ora buona lettura!
LEGENDA:
Demian
Mauro
Discografia
ANNO |
ALBUM |
Valutazione da * a * * * * * |
1974 |
Rocka Rolla |
* * * |
1976 |
Sad Wings of Destiny |
Must! |
1977 |
Sin After Sin |
* * * * |
1978 |
Stained Class |
* * * * * |
1979 |
Hell Bent for Leather/ Killing Machine |
* * * * |
1979 |
Unleashed in the East (live) |
Must! |
1980 |
British Steal |
* * * * * |
1981 |
Point of Entry |
* * * |
1982 |
Screaming for Vengeance |
Must! |
1984 |
Defender of the Faith |
* * * * |
1986 |
Turbo |
* * |
1987 |
Priest Live! (live) |
* * * |
1988 |
Ram it Down |
* |
1990 |
Painkiller |
Must! |
2005 |
Angel of Retribution |
* * * * |
Solista (tutti senza voto, e chi ne ha mai comprato uno?) io si quindi voto! |
||
2000 |
Resurrection |
** |
2001 |
Live Insurrection |
s.v. |
2002 |
Crucible |
s.v. |
Ha inoltre registrato altri 3 album: 2 con i Fight, “Mutation” nel 1994 e “A small deadly space” nel 1995 (che non è niente male da quanto ricordo; contiene anche "In a World of My Own Making", bella ballad con un Halford che ripristina un modo elegante di porgere la voce…), ed 1 con i Two dal “curioso” titolo Voyeurs.
Influenze maggiori
Giuda Iscariota, Ozzy Osbourne, Ian Gillian, Papa Giovanni Paolo II (questa la capiranno in due).
Successori
E’ il papà di tutti i “cantanti metal”.
Chi è?
Rob Halford è il Dio del Metallo.
“Evening star I can see the light
Evening star guiding me so bright”
Disceso dal Cielo si è fatto uomo (o quasi) a Birmingham, il 25 agosto del 1951.
Le Metal Scritture non chiariscono le circostanze della venuta al mondo; pare comunque che il primo vagito stordì Re Magi e pecorelle, istintivamente i pastori reagirono in coro con mani alzate in un inedito gesto con dito indice e mignolo, la mamma di Rob rispose esaltata: <<all right yeh! You wanna rock!? you’ll get it!!!”.
La leggenda ha inizio nel 1973 quando, dopo aver militato nella band Hiroshima, entra a far parte della neonata hard-rock band Judas Priest, con i quali registrerà 13 album, molti dei quali fondamentali per la storia dell’heavy Sound e dell’ heavy-life-style.
L’ultimo capitolo della storia dei Priest risale a pochi mesi fa ed è intitolato “Angel of Retribution”
CAPITOLO PRIMO: “One for the road!”
La discesa sulla Terra e le prime Rivelazioni.
Probabilmente molti tra voi non sapranno che la prima testimonianza storica, registrata su nastro, della discesa di Dio sul pianeta risale al 1974, ed è raccolta nell’album Rocka Rolla.
Ed ora che lo sapete solo perché ve l’ho detto io pentitevi! reprobi e miscredenti che non siete altro! Ed andate a procurarvi il disco!
Grezzo Hard Rock post- Zeppeliniano proto-Sabbath: ci sono idée e Riff, manca il Suono.
I nostri faticheranno non poco ad ottenere la Formula del Suono, riservata al tempo a pochi eletti sacerdoti del nuovo credo, lungi dal divulgarla.
Fu così che le prime interazioni chitarristiche passarono quasi inavvertite, come una bomba inesplosa. Fu così che hard rock, blues e psichedelica, dark and epic sound furono una fusione non ancora esplosiva.
Contenuta a stenti dalla pochezza della registrazione è la voce di Rob: spigolosa e graffiante, diseducata come da miglior tradizione rock, non ancora “vertiginosa” e innovativa.
Sorvoliamo su primi 2 divertenti pezzi dell’album (“one for the road”, “rocka rolla”), la mini-suite invernale “Winter-Deep Freeze-Winter Retreat-Cheater” contiene molto di quello che i Judas erano allora: ispirati dalle atmosfere doom e dai riff dei Sabbath, vogliosi di fare emergere nuove soluzioni chitarristiche, voce particolare, seppure ancora alla ricerca della propria strada ed influenzata dall’approccio oscuro del primo Ozzy Osbourne e dal falsetto di Ian Gillan.
“L’attacco al Potere” è dichiarato nella seminale e malinconica ballata “Run of the Mill” (traccia 8), una sorta di acerba “Child in Time”.
Concedetemi un breve sproloquio: il gran finale è la prima vera espressione di Rob Halford:
l’entrata in scena della Voce, il desiderio come metonimia, la distruzione della sublimazione come tentativo di evirazione della Cosa (che èh?), la prima anche se incompleta rivelazione su uno dei futuri possibili del Canto Rock:
“Now with the aid of your new walking stick
You hobble along through society thick
And look mesmerized by the face of it all
You keep to the gutter in case you fall
I can’t go on”
Magniloquente e teatrale nel lancio, sporca l’emissione su “the gutter” (tecnica che in futuro diverrà dominante, nel bene e nel male) . “I can’t go on” è la quasi esplosione: acuto alla Ian Gillan, quindi nasale sulle note più acute (“can’t”). I primi due “go on” però sono storici. Non ricordo prima di allora un “on” a quella maniera. Correggetemi se sbaglio. Entro nella scheda scrivendo, come vedete, in corsivo. Nella canzone in questione è a par mio importante notare come la voce di Halford tenda ad unire due diversi metodi di canto: il cipiglio, l’accento teatrale e vigoroso del cantato lirico e l’asprezza dell’emissione "dura" del rocker. Se infatti da un lato notiamo una incredibile propensione alla teatralità ed ad una recitazione in stile aulico (aiutata da un impianto armonico della canzone molto classico e allo stesso tempo evocativo!), dall’altra la voce sembra quasi ci venga letteralmente buttata addosso! Mai offerta, mai morbidamente protesa verso l’ascoltatore, ma sempre lanciata, scagliata! Da un punto di vista esecutivo danno fastidio i molti portamenti che il nostro eroe mette ad ogni finale di frase melodica (ad esempio "thick" o "mesmerized"), ma è significativo notare che essi scompaiono quando Rob si impegna nei melismi vocali (gruppetti e simili) di solito banchi di prova di vocalità femminile. Ed è tipico! Probabilmente avendo avuto come esempi di melismi delle donne (di solito più propense allo studio del canto), Halford tronca precisamente la frase, senza sporcarla (es: "Face of it all"). Viceversa,nelle altre frasi, segue in tutto e per tutto l’ideale di un canto rock puro, libero da qualsivoglia bellezza vocale e ricco d’una volontà di lasciar letteralmente "cadere" la voce.
RADIO BLOG: N. 17 – RUN TO THE MILL (JUDAS PRIEST)
“Dying to meet you” è un’altra ballata in tipico stile Priest: arpeggi iniziali, strofe, cambio di tempo, crescendo e sfuriata finale con acuti obbligatori.
Sad Wings of Destiny (1976) è il primo Testamento di Giuda, composto da 9 comandamenti.
“Victim of Changes” è il primo comandamento. Primo stra-classico dei Judas, pezzo all’altezza di altri stra-classici della portata di “Paranoid”, “Iron Man”, “Highway Star”, “Smoke on the water”, “black Dog” e “Whole Lotta Love”. (2 per gruppo, politicamente corretto ^_^). Vediamo in primis i titoli di questi brani storici:
01. Victim Of Changes
02. The Ripper
03. Dreamer Deceiver
04. Deceiver
05. Prelude
06. Tyrant
07. Genocide
08. Epitaph
09. Island Of Domination
I primi 7 minuti e 44 secondi di puro heavy metal nella storia; no Hard Rock, no Prog Rock, solo ed esclusivamente heavy sound: introduzione con chitarre armonizzate, riff roccioso, linea vocale da paura, interessante ed inedita per l’altezza, oscuro interlude, gran finale con iper acuto.
Peccato ancora per la produzione da morti di fame, il pezzo avrebbe potuto venire 10000 volte meglio se fosse stato più curato a livello di mix e arrangiamenti. La linea vocale inoltre, essendo di non facile esecuzione, presenta qualche errore di intonazione.
Una perla del genere non può essere limitata alla registrazione su nastro. L’heavy Metal è necessariamente live; è quindi sui palchi di tutta l’Europa che il pezzo riesce ad esplode definitivamente, perché è qualcosa di spettacolare nelle idee, nelle ambizioni, nelle ritmiche rabbiose e nell’energia (ascoltare per credere “Unleashed in the East”: i ritmi si fanno più veloci e trascinanti, il suono è “pieno”).
Nel corso dei tantissimi concerti il metal god rivede le “parti incerte” riuscendo ad imporsi violentando i timpani del grande pubblico con la potenza, vertiginosa estensione e classe naturale, unica ed ineguagliabile.
The Ripper (il secondo comandamento) è un altro stra-classico. Famosissimo l’intro di chitarre armonizzate, riff stoppato con l’acuto improvviso su “You’re in for shock-ooooooh” seguito da un cambio di tempo con incedere ipnotico di chitarre arabeggianti, gran finale con acuti sovraincisi (un po’ pattoni a dire la verità). Intonazione senza le sbavature di “Victim of change”.
Diciamo che l’interpretazione del personaggio Jack the Knife è poco “dinamica”, ma a suo modo caratteristica, evocativa e coinvolgente.
Segue Dreamer Deceiver la 3° ballata della storia dei Judas; lo schema (che diverrà un classico delle “ballate metal”) è quello delle prime due contenute in Rocka Rolla: arpeggi iniziali, strofe malinconiche, crescendo, gran finale con assolo ed iper acuti. Questo pezzo secondo me non necessita di particolari annotazioni, di “se” e di “ma”: lo credo stupendo così com’è, semplice ed autentico.
E’ inoltre uno dei classici pezzi dei Judas che catalogo ironicamente “laboratorio alfordi”: si sa, il buon Rob non era certo erudito cantore, ma aveva Voce e Pazzia adatte per sperimentare e mettersi in gioco come pochi potevano permettersi (o forse non avevano il coraggio?). Ed è curioso come tentativi e azzardi continuarono per tutta la carriera.
La prima strofa è una specie incerta di falsetto accomodato (non lo è e dopo specifico meglio di cosa si tratta; ho tenuto l’idea di Demian perchè mi sembra giusto che ognuno esprima le proprie opinioni ed impressioni), si passa poi su una tonalità più bassa con una voce-vocione di lirica ispirazione e dal tono fortemente teatrale, il registro cambia e ricambia sul crescendo (con il caratteristico sporcare l’emissione “And if we could grip”) per poi esplodere nel pauroso falsetto (stop-closure?) finale.
Ora, il finale non è la classica sfuriata acuta: è stra-fottutamente acuto, con vertiginosi vibrati in gola. In verità vi dico, potrà oggi giorno sembrare eccessivo, o mal riuscito (opinioni), ma considerando i tempi , considerando la voce….
Mi sono dedicato all’analisi (e pubblicazione) di questo pezzo perchè ritengo che sia effettivamente emblematico della pochezza tecnica di Rob, ma della sua precisa volontà interpretativa. La prima parte della canzone è cantata semplicemente in piano. Nessun falsetto, nemmeno nella breve salita. E’ una voce fresca, giovane, bella! Può permettersi di cantare in questo modo senza nessun cedimento, nè di timbro, nè di intonazione! Da notare che all’inizio il cantante propone una parvenza di emissione morbida e pulita come quella classica; dopo pochi secondi ecco però riapparire l’emissione dura, che purtroppo sporca un poco il timbro rendendolo (lo noterete) aspro. Discorso a parte merita invece la pagina che Demian definisce "lirica". Ebbene qui avete l’esempio di un cantato falsamente lirico, totalmente di gola, assolutamente privo degli armonici fondamentali per la costruzione di una voce impostata. E’ una voce grossa perchè semplicemente "volutamente ingrossata". Noterete che perde di squillo, di morbidezza, ma soprattutto di timbro. Diventa anonima, poco espressiva e soprattutto suona molto dannosa per le corde vocali. Immagino che se avesse scelto questa via non avrebbe certo cantato per 30 anni come invece ha fatto. La durezza dell’emissione e la falsità del timbro rovinano a mio avviso anche l’interpretazione. Con una voce tanto dura (letteralmente, anche in gola l’avrà sentito!) come si può pretendere?! Discorso a parte per gli acuti: qui siamo di fronte ad uno scherzo della natura. Da un lato una vocalità estrema molto ben sviluppata, dall’altro un’assenza di tecnica che rende gli acuti in stop-closer molto fissi (ricordate i mi naturali squillantissimi del giovane Tate in "queen of the…"?) e spesso, addirittura, crescenti! Sintomo di una "spinta fisica" davvero agli estremi. Ma sull’acuto Rob si trova bene e riprende vigore la teatralità e l’interpretazione. Di certo una voce rarissima!
RADIO BLOG: NN. 18-19-20 DREAM DECEIVER (JUDAS PRIEST)
L’obbiettivo principale era stupire e rinnovare, la strada da percorrere inedita e tutta da scoprire: si mirava all’Estremo, ad una rivoluzione rabbiosa (cos’altro è l’arte se non Shock!!! “your in for a shock!!” per l’appunto).
Detto questo è facile capire perchè sia Rob Halford, tra i cantanti rock, il più criticato ma anche il più amato ed il modello più imitato. (c’è sempre un po’ di lui nella voce di ognuno di noi).
Notate quindi come fino a qui, nella mia strampalata descrizione, non ho fatto nessun riferimento a caratteri importanti per l’analisi di una voce, come l’omogeneità o che altro. (Mauro mi insegna)
Registro vocale ed interpretazione variano infatti in continuazione, da canzone a canzone
Gli acuti sono tutti diversi, si va dagli strilli, al falsetto rinforzato “stop-closure”, dalle note ingolate ai vibrati nel naso (non quelli di ramazzotti però!).
La vera eccezione stilistica dell’opera è rappresentata da Epitaph (altro brano del laboratorio alfordi), interpretato alla maniera dei Queen di Freddy Mercury. Questa Song delina a mio parere molto bene come la ricerca vocale di Halford sia ancora lontana dal completamento di una tecnica vocale personale accettabile. L’omogeneità (come ha già espresso Demian) è inesistente, ma non sarebbe un problema se lo squillo e la teatralità ricercata non cozzassero contro una voce, anche qui, falsamente ingrossata, che rovina sia il pezzo che le corde vocali. Ma il bello della trentennale carriera del solista naturalmente deve ancora venire! Peccati di gioventù li possiamo chiamare. La voce del venticinquenne Halford è acerba di suo, ma offre moltissimi spunti per una ricerca personale verso un’impostazione di canto "diversa", inedita, adattissima al genere che poi i Judas imporranno. Ma non precorriamo i tempi…
RADIO BLOG: N. 21 EPITAPH (JUDAS PRIEST)
Da segnalare anche la volubile e magniloquente interpretazione di “Island of Domi
nation” (altro pezzo dell’alfordi lab), in chiusura dell’album.
Per sintetizzare Sad Wings Of destiny è l’album fondamentale per capire non solo le origini del british heavy metal come oggi lo conosciamo, ma anche la nascita di un nuovo modo di cantare, libero da ogni sorta di regole di impostazione (come da miglior tradizione rock) ma profondamente ricercato e “ragionato” nella sua forma.
L’alternativa vocale a Rob Halford era rappresentata all’epoca dal piccolo grande Ronnie James Dio che nel ‘76 pubblicava insieme ai Rainbow, lo stupendo “Rainbow Rising”, il quale aveva dalla sua una voce di spessore maggiore, una grande teatralità ma poca facilità d’acuto rispetto ad Halford. Resta naturalmente un altro caposaldo che meriterà una doverosa attenzione in futuro!
Il tour di Sad Wings valse ai Judas Priest l’ingaggio della major CBS/Columbia.
La vita da morti di fame stava per finire!
Demian & Minstrel
11 venerdì Nov 2005
UNA SCHEDA TANTO LUNGA QUANTO ASSURDA; PRATICAMENTE BELLISSIMA!
In questo breve post vi annuncio che Demian mi ha già mandato la prima parte della scheda tecnica che intende dedicare (ed io con lui) a Rob Halford, il celeberrimo cantante dei Judas Priest. La prima cosa che mi è venuta in mente leggendola è: "questo è completamente impazzito" e spero che anche voi abbiate la stessa sensazione quando verrà pubblicata. E’ a par mio davvero splendida!
Naturalmente cercherò nel mio piccolo di completarla, con il mio solito stile di scrittura falsamente aulico e brutalmente pesante. Vi chiediamo solo un attimo di pazienza in più, per poter scegliere al meglio le parti di mp3 da linkare e rendere il tutto il più completo possibile.
Fin da ora chiediamo venia di sicure imprecisioni e incompletezze garantite.